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Visitando il cimitero

Dopo anni, stamattina ho visitato il cimitero di Bari.  Non è una cosa che faccio spesso perchè i miei nonni e mio zio non sono lì ma li sento dentro di me e accanto a me sempre. Tuttavia a volte si ha questa esigenza di tangibilità, di toccare una foto su una lapide, di lasciare un fiore.

Da bambina avevo paura del cimitero, oggi non più. La visita di questi luoghi porta a profonde riflessioni sulla vita vissuta, su quella da vivere, sulla storia della propria famiglia, su valori che oggi si cercano con il lanternino e, poche volte, si trovano.

Ci si perde fra le lapidi, quelle antiche, foto sbiadite, talvolta senza nome, solo una frase. E poi ci sono le tombe dei giovani, dei bambini…palloncini e peluche, parenti seduti accanto su una sedia apri e chiudi come se fosse una scampagnata.

L’umano e il divino mescolano le loro carte nelle cappelle e nei campi di sepoltura, la morte e la vita si rincorrono in una gara senza vincitori nè vinti.

Difronte alla tomba dei nonni mi sono arrabbiata, non ho riconosciuto la distribuzione delle lapidi, c’era qualcosa di diverso che mi ha convinto che il nonno fosse stato spostato.  Ma anche se fosse cosa cambia?  E’ assurdo e inspiegabile ma c’è un senso di appartenenza che viene fuori in certe circostanze, sono i resti mortali di mio nonno, ci appartengono e non devono essere spostati senza il permesso!

Sorrido e penso al mio fastidio di stamattina e a quanto mi sia data da fare poi per cercare mio zio che non trovavo; ho chiesto informazioni, sono andata da una cappella all’altra e poi, trovatolo, mi sono resa conto di aver  finito i fiori e mi sono dispiaciuta.

Le visite al cimitero diventano avventuriere riflessioni sull’esistenza che poi terminano in realtà con un sorriso, perchè i ricordi belli lasciatici da coloro che ormai sono nella luce sono più forti del dispiacere e del dolore. Certo non subito, ci vuole tempo e tanta consapevolezza. Nessuno è eterno.

Mio padre ha voluto visitare la tomba di un suo amico vescovo, sepolto in una zona appartenente alla diocesi. Una zona chiusa da una cancellata bassa. Le tombe si vedevano ma sembrava non si potesse entrare. Ho trovato il modo manovrando con il cancello, volevo che mio padre entrasse e che avesse il piacere di un fiore lasciato da parte nostra. Sulla tomba di questo vescovo c’era scritto qualcosa del tipo:”Quello che ho donato lo porto con me”.

Il dono ci arricchisce, non ci manchi mai la gratitudine per ciò che riceviamo ma anche per ciò che abbiamo avuto il coraggio di donare.

 

 

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