Blog, Letteratura


Entrai dentro casa di corsa, come una furia. Mi tolsi la scarpa col tacco, quella rossa, la mia preferita e la tirai contro lo specchio.

Lo ruppi in mille pezzi quel maledetto.
E poi…poi mi specchiai. Dal centro alla periferia del cuore mi osservai in quei triangoli rugosi, cicatrici che continuavano ad estendersi e a frantumarsi.

Il mio viso, i vestiti a brandelli, forse anche l’anima, forse ogni singolo organo del mio corpo. Mi sembrava di vederli.
Tutto era in frantumi e io cominciai a ballare.

Un ritmo lento, seducente, mai sentito prima.
Fu allora che mi resi conto di non essere sola.
Dallo specchio uscì lei. Il vestito a brandelli e il viso rugoso.

Al piede aveva la scarpa rossa, quello con cui avevo rotto il vetro, la mia preferita. La sua preferita.
Seguiva i miei passi, lentamente, eravamo un unico movimento fluente.
L’abbracciai. La volevo. Volevo lei, volevo me.

Sesta lezione del lab di scrittura Maledetti Vivaci.

Blog, Letteratura

Antoine aveva sedici anni quando andò a lavorare in uno di quei locali di Pigalle. Hai capito quali, no? Dai che hai capito. Vabbè te lo dico nell’orecchio.
Che fai diventi rosso? Non ti facevo così timido con quel boa fru frù con cui ti esibisci tutte le sere.
Allora continuo il racconto o vuoi che smetta? Ok continuo. Antoine aveva due fratelli piccoli, il padre passava più tempo nei bordelli che a casa e sua madre, povera donna, sapessi quanto era bella da giovane, ora si arrangiava come poteva, se mi capisci.
Un amico disse ad Antoine che nel locale dove lavorava cercavano un tuttofare e lo presentò al proprietario, uomo scaltro e viscidissimo, che fu subito affascinato dalla bellezza efebica del giovane e lo assunse. La sua bella presenza avrebbe sollazzato le ballerine.
Così Antoine cominciò il suo primo giorno di lavoro.
“Ballerine”, gridava bussando sulla prima porta.
“Siamo pronte”, gridarono voci argentine e ammiccanti.
“Ballerine”, gridò ancora bussando sulla seconda porta.
“Siamo pronte”, gridarono dall’interno. Stavolta le voci erano un po’ meno squillanti e Antoine non sapeva cosa aspettarsi. Tuttavia in quel luogo aveva imparato da subito che la meraviglia aveva abiti diversi dal solito.
Pensieroso corse verso la terza porta e di nuovo gridò:”Ballerine”. Dall’altro lato silenzio. Antoine bussò ancora e ancora gridò:”Ballerine”. Nessuno rispose.
Il ragazzo esitò un attimo e, dapprima, poggiò l’orecchio sulla porta alla ricerca di qualche rumore, poi piano piano entrò. “Ballerine” disse stavolta quasi sottovoce, per paura di disturbare.
Una volta dentro Antoine si guardò intorno e vide un groviglio di tulle dal quale spuntava una testa bionda con i capelli raccolti.
Lo chignon si mosse e apparvero due occhi azzurro cielo; il suo cuore giovane e ardente ne fu stregato.
Antoine si accorse subito che le lacrime rigavano il viso dell’angelo lievitato dal tulle.
Istintivamente avvicinò la mano e subito la ragazza, che non doveva avere più di quattordici anni, la prese dolcemente e se la portò al cuore.
Puoi immaginare cosa quel gesto provocò nelle zone basse di un adolescente in calore, vero? Dai mi diventi di nuovo rosso? Su stringiti quel boa che fra poco tocca a te andare in scena.
Antoine e la fanciulla senza nome rimasero immobili, un’unica linea sottile e tremolante li legava. Forse un filo rosso? Chissà.
“Ma dove diavolo è finita Marianne?”, si sentì imprecare dal corridoio.
“Antoine, Antoine. Maledizione, è sparito pure lui”.
Le urla svegliarono improvvisamente Antoine dall’estasi in cui giaceva da qualche minuto. Guardò la ragazza, che nel frattempo aveva continuato a piangere e la pregò:”E’ il mio primo giorno di lavoro, se non raggiungi il palcoscenico sarò licenziato”.
Marianne si staccò da lui e velocemente si rifece il trucco, aprì la porta e gridò verso il corridoio:”Sto arrivando”. Poi si voltò verso Antoine e disse:”Perché lavori qui? Lui, sorpreso dalla domanda, rispose:”Per aiutare la mia famiglia”. Lei sorrise e disse:”Anche io! Piacere di conoscerti Antoine del Tabarin.”
Da quel giorno tutti lo chiamarono così.
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Terza lezione del laboratorio di scrittura Maledetti Vivaci
Immagine Henri de Toulouse-Lautrec – Ballerina Seduta
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Ieri sera ho attraversato quella strada, proprio lì dove c’era il cinema in cui tante volte ero stata in passato.

Un cinema di nicchia, d’essai li chiamano, in cui si vedevano i film che non avremmo mai trovato nelle grandi sale, film per pochi, per uomini di cultura con gli occhialetti tondi e donne dai vestiti attillati sugli anfibi di gomma.

Ci andavamo anche noi curiosi, noi che amiamo un certo tipo di emozioni, noi che spesso piangiamo tra i sedili scomodi.

Mentre guidavo, stanca e assonnata, il mio sguardo vagò dal cinema, con i suoi ricordi ancora vivi, verso la pizzeria di fronte.

Fu allora che lo vidi.

Se ne stava nell’atrio del suo locale, proprio al centro, i piedi ben piantati per terra, il grembiule legato in vita, il cappello da cuoco in testa. Era lì che aspettava, solo.

Mi montó una grande rabbia. Sentii il cuore battere forte. Le lacrime facevano capolino ma le respinsi indietro. Dovevo guidare, non era il momento dei convenevoli lacrimosi con me stessa.

Continuavo però a vedere quell’immagine che annegava tra i pieni e i vuoti di questa maledetta pandemia. Tra i silenzi di chi si è arreso e le proteste di chi vuole andare avanti.

Mi sarebbe piaciuto fermarmi e dirgli: “Beh che aspetti? Impasta quella massa e fammi la mia pizza preferita, quella con le melanzane gratinate.
Subito, adesso! Riempiamo questi vuoti e svuotiamo la paura, proprio lì di fronte, nel mare, a secchiate, lasciamo che lui se la porti finalmente via.”

Non mi fermai. Tornai a casa. Aprii la porta e mi buttai sul divano. Ero esausta e arrabbiata.

“Voglio scendere da questa giostra”. Fu questo l’ultimo pensiero della mia giornata.

Laboratorio di scrittura Maledetti Vivaci-seconda lezione.

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Iniziai quell’esercizio: seduta a terra con le gambe incrociate, guardai la luce della candela che avevo acceso in fretta, cambiando idea mille e mille volte ancora.


Così, mentre la fiamma vibrava, presi a fissarla senza muovere un solo atomo dell’istante di vita in corso.


Quando le lacrime cominciarono a scorrere dagli occhi stanchi alle guance, giù giù fino ai luoghi del piacere supremo, fu allora che smisi di guardare la luce di quel cero perchè la fiamma cominció a guardare me.


Un occhio sbatteva le palpebre e fissava proprio me, inerme, spaventata. Ogni organo del mio corpo sembrava essersi dissolto, risucchiato dalla luce di quello sguardo.


Quando ho iniziato volevo prendere, ora ero io a essere presa.
Ero io la preda di quel guardare, nuda di tutto ciò che mi dava vita, prima di quel momento. Nella luce si persero le certezze, la volontà, i dubbi e le paure.


Fu un attimo. La passione mi travolse e poi più niente. Pace. Silenzio.
Aprì gli occhi e ripresi così il mio guardare.
La candela era ancora lì, la luce si faceva poco a poco più fioca.


Mi sdraiai per terra cercando di dare un nome a ciò che era successo.
Non ci riuscì mai.
Forse è stato meglio così.
È quando ci ostiniamo a dare un nome alle cose che la cera si consuma e la luce si spegne.

Maledetti Vivaci – corso di scrittura – prima lezione

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Ti attendo, con i piedi ben piantati a terra e lo sguardo duro e dritto davanti a me. A chi voglio raccontarla… Tu lo sai che, come al solito, arriverai quando sarò seduta davanti al mare con gli occhi persi nei sogni della mente e del cuore. Mi prenderai alle spalle e mi abbraccerai con le tue mani fredde che riusciranno a gelare tutte le lacrime sul mio viso salato. A chi voglio raccontarla. È sempre la stessa storia. Ti urlerò contro che mai più ripeterò lo stesso errore, che finalmente ho imparato la lezione. Quale lezione mi chiederai, a non amare, a non appassionarti, a non incuriosirti? Ti risponderò di no. Continuerò ad amare, ad appassionarmi e a incuriosirmi e mai mi vergognerò di aver fallito ancora una volta.
Laboratorio di scrittura Colori Vivaci Magazine del 28/09/2020. La luce guida delle nostre penne.
Blog, Letteratura

Forse non è tardi per disporre in modo diverso i pezzi intorno a me. Questo pensavo seduta per terra con le gambe incrociate nello studio del mio psicologo. Il tappeto persiano, rosso carminio, pungeva contro i pantaloni leggeri di un’estate che resisteva al passare del tempo. Guardavo gli oggetti che io stessa avevo distribuito e seguivo le istruzioni. “Come li sposteresti?” mi chiese Francesco. Ho provato paura, sapevo che il mio corpo avrebbe dato la risposta giusta, che li avrebbe spostati esattamente dove essi dovevano andare. Ma io ero pronta ad accettare questi cambiamenti? _______________________________________ Esercitazione Lab di scrittura di Colori Vivaci.
Blog

Eccomi come sempre di fronte a te. Sei arrabbiato e io pure.

Mi siedo e subito sento le gocce salate che invadono i capelli. Esclamo: “Domani dovrò lavarli. Non importa ne vale sempre la pena”.

“Cosa?”, mi chiedi.

“Essere abbracciata da te quando sei arrabbiato, quando sono arrabbiata. Tu lo sai, io lo so, quando c’è qualcosa che non va ci vuole il vento che spazza via le parole che non vogliamo dire, che non vogliamo nemmeno pensare”.

Oggi é uno di quei rari casi in cui non mi dispiace non avere una penna, non serve fermare le parole sulla carta. Serve invece farle volare via.

Blog, Poesia

Il mare mi vede scrivere, chissà cosa pensa. Curioso si affaccia tra gli scogli, poi sparisce, poi appare di nuovo.

Sembra quasi che mi spii.

Ad un tratto si alza il vento, volano i fogli.

Rubarli era l’unico modo che il mare aveva di leggerli.

Cosa mi porta via il mare? Le mie parole, è avido delle mie parole.

Blog

Inno all’Amore: non a quello sentimentale bensì a quello incondizionato che raramente riesce ad esprimersi nei rapporti tra uomo e donna, che sono quasi sempre avvolti da opportunismo.

Mi è stato insegnato da uno dei due grandi amori della mia vita che, amando, un po’ di sè muore per far posto all’altro.

Non tutti ne sono all’altezza, non tutti ne sono capaci. Io so di esserci andata vicina e spero di averlo saputo dimostrare, seppur maldestramente.

Non tutti gli amori terminano con un matrimonio ma molti hanno il loro lieto fine ugualmente. Patti e Robert l’hanno dimostrato.

Caro Robert,
spesso quando sono sveglia nel letto mi domando se anche tu sei sveglio. Provi dolore o ti senti solo? Mi hai salvato dal periodo più buio della mia giovane vita, condividendo con me il mistero sacro di ciò che significa essere un artista. Ho imparato a guardare attraverso i tuoi occhi e non ho mai scritto un verso né disegnato una curva che non muovesse dalla consapevolezza di essermi ispirata agli attimi preziosi trascorsi assieme.

La tua arte, che scaturiva da una fonte fluida, può essere ricondotta al canto spoglio della tua giovinezza. Allora parlavi di andare mano nella mano con Dio. Ricorda, in ogni cosa hai sempre tenuto stretta quella mano, stringila forte, Robert, non lasciarla mai.

L’altro pomeriggio, quando ti sei addormentato sulla mia spalla, anch’io mi sono appisolata. Prima di farlo però mi sono guardata attorno, c’erano le tue cose e le tue opere, e ho ripensato agli anni del tuo lavoro, di tutte le tue opere, tu sei la più meravigliosa. L’opera più meravigliosa di tutte.

Patti

Patti Smith – Just Kids, 2010

 

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“Crediamo che la nostra felicità dipenda dagli altri, dal potere che esercitiamo su di loro, dalla nostra volontà di controllo. Ma come potremmo dare all’altro benessere e felicità se noi per primi non siamo soddisfatti dell’esistenza che conduciamo?” Da La Quercia di Sunny Valerio. (Prossimamente recensione su Puglia Eccellente).