E mi hai lasciata lì
Col conto pagato
Il cuore in subbuglio.
Il certo che siamo stati
L’incerto che saremo.
Un nastro avvolto
Con la penna
Di una fenice che risorge,
Volata via in un tempo
Che reclama perdono.
Poesia
Gabbie
Dall’angolo del palcoscenico
in cui mi hai relegata
guardo l’ingombrante gabbia sulla scena.
Personaggi ameni entrano ed escono.
Le chiavi delle tue catene
Pendono rumorose dalla loro cintura.
Un caffè, un libro, un copione da leggere, molte lusinghe.
Vite nutrite dalla luce riflessa della tua prigionia.
Ed é di nuovo Autunno.
Sul finire del giorno
Il naufragio delle luci dell’autogrill
sull’ombra del grembiule sguattero.
La pentola sui fuochi in soffitta,
pagine sonnacchiose sul divano a fiori.
Cin cin di tazze
nel caffè in fondo alla strada.
Sul finire del giorno.
Ti ricordi di me?
Ti ricordi di me?
No?
E se ci conoscessimo di nuovo?
Se nuotassimo insieme nei laghetti e ci rubassimo le parole?
Se tu mi mandassi un cuore e io rispondessi con un like?
Se facessimo a gara a chi guadagna più punti?
Se i tuoi pensieri profumati si mescolasero ai sapori speziati del mio cuore?
Caffè o espressino di soia?
Biscotti senza latte o cornetto vegano?
Ti ricordi di me?
No?
Tornerai a conoscermi prima o poi.
Steli Marini
Steli marini,
timidi al crepuscolo,
si accendono di parole
allo spuntar del sole.
Se fossi poesia quale sarei?
Una volta ho chiesto ad una persona cara:”secondo te se fossi poesia quale sarei?”
Ecco la risposta.
Giornata del Rifugiato e Geometrie di Solitudini
Ieri si è parlato molto della Giornata del Rifugiato, argomento gettonato in questo periodo storico. Per quanto non creda in queste “giornate” dedicate a taluna cosa piuttosto che ad un altra, spero davvero che, come scritto nel link che allego al post, nel 2018 si possano seriamente prendere misure opportune per arginare e per aiutare, al fine di garantire il bene di tutti.
Intanto pensando ai barconi, ai naufraghi e alle loro solitudini sono un paio di giorni che ho in mente questa poesia, tratta dal libro “Geometrie di Solitudini” di Paolo Cilfone.
Corpi:
echi e profondità.
Inermi, svuotati
templi abbandonati.
Corpi immaginati…riflessi
Vanità.
Corpi come vittime,
martoriati, trafitti.
Corpi liquidi, atomi di parole.
La notte s’appoggia sul mio corpo.
Nebbia rarefatta.
Profumo di silenzio.
Luna
Tonda e bella
Ci guardi da lassù
Grassottella.
Non so se sei anche monella
Ma sicuramente sei trasformella.
E noi da quaggiù
Ti guardiamo incantati
In questa estate ormai alle porte
Dal tuo sole pronti ad essere baciati.
Non essere gelosa,
Noi siamo una stagione,
Tu l’eternità.
Tonda, bella e grassottella.
Il silenzio canta il tuo abbraccio
L’àncora fu chiamata e la nave salpò.
I fazzoletti bianchi sventolavano ancora
e le lacrime furono inghiottite dal vento.
I marinai in piedi nel loro saluto
dalla poppa alla prua
i loro cuori in gola.
La sirena tagliava gli ultimi sguardi
la banchina si allontanava
la prima pagina del diario di bordo
era completata.
Il cuore dondola in queste acque
la salsedine brilla di notte
il silenzio canta il tuo abbraccio.
Paolo Cilfone
Madre…mamma…la nostra identità
Ho imparato nel tempo che ci sono tante tipologie di mamme e di madri…perchè la biologia non ci eleva a questo meraviglioso titolo, talvolta ne è solo l’inizio e talvolta non ha nemmeno voce in capitolo.
Mamma è un punto di riferimento, una stella polare, una identità senza passato e senza collocazione geografica, perchè la Mamma è sempre presente, senza tempo, senza luogo.
L’abbraccio della Mamma che sia biologica, adottiva, celeste, acquisita è un avvolgersi che profuma di rose a maggio, di pomodori freschi a luglio, di castagne a ottobre e di Natale a dicembre.
Mamma è quanto di più importante ci sia stato concesso.
Auguri a tutte le mamme.
La madre è una sposa vestita di bianco
Che si pianta nel cuore del suo frutto
E contempla nel silenzio la
Sorpresa della gratuità.
La madre è un abbraccio che si innalza
fino alle nubi del cielo perché risuoni
tra le stelle lo sguardo di Dio.
La madre è un bacio che illumina
Le tenebre e nella umanità vibra la sua
Regalità.
La madre è un tenero fiore
forte nel deserto
docile nella grazia
in lei la mia identità.
(Bianco Sangue di Paolo Cilfone)
Dipinto di Alan Murray