Spiritualità

Voglio condividere la parte finale del messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale per le Comunicazioni Sociali.

Si parla di pace, di relazioni fra persone, di verità.

Un buon giornalista dovrebbe lavorare per produrre questo…dovrebbe…

Lasciamo che queste parole scuotano le nostre penne.

« La verità vi farà liberi (Gv 8,32).
Fake news e giornalismo di pace»

4. La pace è la vera notizia

Il miglior antidoto contro le falsità non sono le strategie, ma le persone: persone che, libere dalla bramosia, sono pronte all’ascolto e attraverso la fatica di un dialogo sincero lasciano emergere la verità; persone che, attratte dal bene, si responsabilizzano nell’uso del linguaggio. Se la via d’uscita dal dilagare della disinformazione è la responsabilità, particolarmente coinvolto è chi per ufficio è tenuto ad essere responsabile nell’informare, ovvero il giornalista, custode delle notizie. Egli, nel mondo contemporaneo, non svolge solo un mestiere, ma una vera e propria missione. Ha il compito, nella frenesia delle notizie e nel vortice degli scoop, di ricordare che al centro della notizia non ci sono la velocità nel darla e l’impatto sull’audience, ma le persone. Informare è formare, è avere a che fare con la vita delle persone. Per questo l’accuratezza delle fonti e la custodia della comunicazione sono veri e propri processi di sviluppo del bene, che generano fiducia e aprono vie di comunione e di pace.

Desidero perciò rivolgere un invito a promuovere un giornalismo di pace, non intendendo con questa espressione un giornalismo “buonista”, che neghi l’esistenza di problemi gravi e assuma toni sdolcinati. Intendo, al contrario, un giornalismo senza infingimenti, ostile alle falsità, a slogan ad effetto e a dichiarazioni roboanti; un giornalismo fatto da persone per le persone, e che si comprende come servizio a tutte le persone, specialmente a quelle – sono al mondo la maggioranza – che non hanno voce; un giornalismo che non bruci le notizie, ma che si impegni nella ricerca delle cause reali dei conflitti, per favorirne la comprensione dalle radici e il superamento attraverso l’avviamento di processi virtuosi; un giornalismo impegnato a indicare soluzioni alternative alle escalation del clamore e della violenza verbale.

Per questo, ispirandoci a una preghiera francescana, potremmo così rivolgerci alla Verità in persona:

Signore, fa’ di noi strumenti della tua pace.
Facci riconoscere il male che si insinua in una comunicazione che non crea comunione.
Rendici capaci di togliere il veleno dai nostri giudizi.
Aiutaci a parlare degli altri come di fratelli e sorelle.
Tu sei fedele e degno di fiducia; fa’ che le nostre parole siano semi di bene per il mondo:
dove c’è rumore, fa’ che pratichiamo l’ascolto;
dove c’è confusione, fa’ che ispiriamo armonia;
dove c’è ambiguità, fa’ che portiamo chiarezza;
dove c’è esclusione, fa’ che portiamo condivisione;
dove c’è sensazionalismo, fa’ che usiamo sobrietà;
dove c’è superficialità, fa’ che poniamo interrogativi veri;
dove c’è pregiudizio, fa’ che suscitiamo fiducia;
dove c’è aggressività, fa’ che portiamo rispetto;
dove c’è falsità, fa’ che portiamo verità.
Amen.

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Spiritualità

Salviamo lo stupore, la capacità di incantarci ogni volta che incontriamo qualcuno che ha parole che trasmettono la sapienza del vivere, che toccano il centro della vita perché nate dal silenzio, dal dolore, dal profondo, dalla vicinanza al Roveto di fuoco. La nostra capacità di provare gioia è direttamente proporzionale alla nostra capacità di meravigliarci. (Ermes Ronchi)
Fiat Lux. Buona Candelora.

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Spiritualità

Ho scattato questa foto in un chiesa di Firenze, durante una passeggiata. Non ricordo il nome della chiesa e non so se riuscirei mai a ritrovarla, so solo che questa immagine mi è rimasta nel cuore. Le parole di Paolo Cilfone non potevano far altro che completare la mia emozione.

 

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Spiritualità

“In poche righe, un incalzare di avvenimenti: Giovanni arrestato, Gesù che ne prende il testimone, la Parola che non si lascia imprigionare, ancora Gesù che cammina e strade, lago, barche; le prime parole e i primi discepoli. Siamo al momento fresco, sorgivo del vangelo. Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio. La prima caratteristica Marco riferisce è quella di un uomo raggiunto da una forza che lo obbliga a partire, a lasciare casa, famiglia, clan, paese, tutto. Il primo atto registrato dal vangelo è l’itineranza di Gesù, la sua viandanza. E per casa la strada. Proprio su questo andare e ancora andare, si innesta la seconda caratteristica: camminava e “proclamava il vangelo di Dio”: Dio come una bella notizia. Non era ovvio per niente. Non tutta la bibbia è vangelo, non tutta è bella e gioiosa notizia, alle volte è minaccia e giudizio, spesso è precetto e ingiunzione, ma ora la caratteristica nuova del rabbi itinerante è proprio il vangelo: una parola che conforta la vita, Dio che libera e fa fiorire. Gesù passa e dietro di lui resta una scia di pollini di primavera, un’eco in cui vibra il sapore bello e buono della gioia: è possibile la felicità, un’altra storia, un mondo altro sono possibili. E quell’uomo sembra conoscerne il segreto.
La bella notizia che inizia a correre per la Galilea è raccontata così: il regno di Dio (il mondo come Dio lo sogna) è vicino. Perché Dio si è avvicinato, ci ha raggiunto, è qui. Ma quale Dio? Gesù ne mostra il volto, da subito, con il suo primo agire: libera, guarisce, purifica, perdona, toglie barriere, ridona pienezza di relazione a tutti, anche a quelli marchiati dall’esclusione. Un Dio esperto in nascite, in vita. Per accoglierlo, suggerisce Gesù, convertitevi e credete nel vangelo. La conversione non come un’esigenza morale, ma un accorgersi che si è sbagliato strada, che la felicità è altrove. ‘Convertitevi’ allora, ‘giratevi verso la luce’, come un girasole che si rimette ad ogni alba sui sentieri del sole, ‘perché la luce è già qui’. Credete nel vangelo, non semplicemente al vangelo. Buttatevici dentro, con una fiducia che non darete più a nient’altro e a nessun altro. Camminando lungo il mare di Galilea, Gesù vide… Cammina senza fretta e senza ansia; cammina sulla riva, in quel luogo intermedio tra terra e acqua, che sa di partenze e di approdi, e chiama quattro pescatori ad andare con lui. Vi faro diventare pescatori di uomini, vi farò pescatori di umanità, cercatori di tutto ciò che di più umano, bello, grande, luminoso ogni figlio di Dio porta nel cuore. Lo tirerete fuori dall’oscurità, come tesoro dissepolto dal campo, come neonato dalle acque materne.”

Commento al Vangelo di domenica 21 gennaio 2018 di Padre Ermes Ronchi

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Spiritualità

“Nulla vi è di autenticamente umano che non trovi eco nel cuore di Dio.
Amerai, dice Gesù, usando un verbo al futuro, come una azione mai conclusa. Amare non è un dovere, ma una necessità per vivere.
Cosa devo fare, domani, per essere ancora vivo? Tu amerai.
Cosa farò anno dopo anno? Tu amerai.
E l’umanità, il suo destino, la sua storia? Solo questo: l’uomo amerà.
Ed è detto tutto. Qui gettiamo uno sguardo sulla fede ultima di Gesù: lui crede nell’amore, si fida dell’amore, fonda il mondo su di esso.
Amerai Dio con tutto il cuore. Non significa ama Dio esclusivamente e nessun altro, ma amalo senza mezze misure. E vedrai che resta del cuore, anzi cresce e si dilata, per amare il marito, il figlio, la moglie, l’amico, il povero. Dio non è geloso, non ruba il cuore, lo dilata.

Ama con tutta la mente. L’amore è intelligente: se ami, capisci di più e prima, vai più a fondo e più lontano. Amo molto quel proverbio inglese che dice «clarity, charity»: chiarezza, carità. La chiarezza si raggiunge percorrendo la via dell’amore (J. Tolentino).

Gli avevano domandato il comandamento grande e lui invece ne elenca due. La vera novità non consiste nell’avere aggiunto l’amore del prossimo, era un precetto ben noto della legge antica, ma nel fatto che le due parole insieme, Dio e prossimo, fanno una sola parola, un unico comandamento. Dice infatti: il secondo è simile al primo. Amerai l’uomo è simile ad amerai Dio. Il prossimo è simile a Dio, il fratello ha volto e voce e cuore simili a Dio. Il suo grido è da ascoltare come fosse parola di Dio, il suo volto come una pagina del libro sacro.

Amerai il tuo prossimo come ami te stesso. Ed è quasi un terzo comandamento sempre dimenticato: ama te stesso, amati come un prodigio della mano di Dio, scintilla divina. Se non ami te stesso, non sarai capace di amare nessuno, saprai solo prendere e accumulare, fuggire o violare, senza gioia né intelligenza né stupore.”

Padre Ermes Ronchi

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“Non lasciarmi mai nell’indifferenza, Cristo mia dolce rovina (Turoldo)  che rovini il mio mondo di maschere e bugie, che rovini la vita illusa. Contraddicimi, Signore: contraddici i miei pensieri con i tuoi pensieri, questa mia amata mediocrità, le sicurezze del Narciso che è in me, l’immagine falsa che ho di te. Sii mia risurrezione, quando sento che non ce la faccio, quando il vuoto dentro e il buio davanti; dopo il fallimento facile, la fedeltà mancata, l’umiliazione bruciante risorgi con le cose che amavo e credevo finite. Anche a te una spada Maria: non si è esente dal dolore. La fede non produce l’anestesia del vivere, Ma non lascia mai affondare nella banalità.”

Padre Ermes Ronchi

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Una bellissima pagina dell’Antico Testamento.

Libro de Proverbi 31,10-13.19-20.30-31. 
Una donna perfetta chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore.
In lei confida il cuore del marito e non verrà a mancargli il profitto.
Essa gli dà felicità e non dispiacere per tutti i giorni della sua vita.
Si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani.
Stende la sua mano alla conocchia e mena il fuso con le dita.
Apre le sue mani al misero, stende la mano al povero.
Fallace è la grazia e vana è la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare.
Datele del frutto delle sue mani e le sue stesse opere la lodino alle porte della città.

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Una mattinata di emozioni, un saluto ad un amico, questa immagine di Santa Teresina.

Dio come al solito fa strani percorsi, unisce le persone nei modi più disparati e ti mette nelle condizioni di ritrovarti a vivere una domenica di settembre, in cui non vuoi andare al mare, perchè c’è qualcosa di molto più importante e più bello da fare.

Vuoi abbracciare un amico che parte per una avventura seria, un noviziato, un anno lontano da tutto e da tutti per ascoltare e ascoltarsi, per donare e donarsi…niente FB e niente telefono, mi hai detto stamattina, dandomi però questa immagine con indirizzo e numero di telefono dove potrò trovarti.

Sembra una storia anacronistica ma è in realtà la storia di Dio. Perchè se vuoi essere di Dio non ci possono essere distrazioni, devi esserne convinto.

E’ scesa qualche lacrima stamattina durante la Messa di saluto, sono in tre a partire, una comunità offre a Dio tre giovani, anche questo sembra anacronistico, anzi a me sembra davvero un miracolo.

Caro amico mio, sono unita a te da Dio, dalla musica e da esperienze belle vissute insieme, offro tutto a Dio affinchè nei momenti di inevitabile nostalgia o debolezza che vivrai, tu possa far tesoro di quanto hai donato, di quanto ancora donerai e del disegno che Dio sta delineando per te.

Non sappiamo cosa ci riserva il futuro ma tu hai avuto il coraggio di scoprirlo, fidandoti e affidandoti.

Sono fiera di essere tua amica e come ti ho detto, abbracciandoti, pensami perchè io ti penserò…

Buon cammino!

 

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Oggi ricorre la Natività della Vergine Maria, mentre il nome Maria viene celebrato il 12 settembre.

Tutti i giorni nella cappella della scuola era questa l’immagine che vedevo, Lei che andavo a salutare ogni mattina prima che iniziassero le lezioni…Maria Bambina ha protetto la mia infanzia e la mia adolescenza…E’ molto raro trovare questa statua dalle nostre parti…una è conservata appunto nell’Istituto Margherita a Bari dove c’è l’ordine delle suore di Maria Bambina, l’altra l’ho ritrovata di recente nella Basilica dei Santi Medici di Alberobello.

E’ una immagine bella, confortante, tenera, la porto nel cuore praticamente da sempre.

Quando ero bambina si celebrava questa ricorrenza con una Messa che rappresentava l’inaugurazione dell’anno scolastico, non so se ancora oggi è così ma all’epoca era “festa grande”. Ricordi nitidi, come fosse ieri.

 

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Qualche giorno fa mi sono imbattuta in questo brano che ben si sposa con la ricorrenza del giorno dedicato a Santa Chiara.

Tratto dal libro “Il mondo femminile di Francesco d’Assisi” di Curzia Ferrari.

“Ha scritto, con la solita genialità indagatrice, padre Nazareno Fabbretti:

E Francesco le taglia la chioma, la veste del saio scuro sopra la veste ricca; è la più semplice delle investiture, la più profonda delle mutazioni, il seme di una nuova primavera per tutta la Chiesa. E’ l’utopia più inattesa che prende vita e forma e tale continuerà nei secoli. Quell’utopia si fa davvero “chiara”, ma non in astratto, bensì in una giovane donna senza la quale – occorre ammetterlo – il Francesco così come giunto a noi, uomo di Dio, perfetto e stimolante, non ci sarebbe giunto. E non avremmo nella storia della Chiesa e nel costume religioso quel supplemento d’anima che con Francesco arriva a tutte le categorie sociali nello spirito della pace in cui Cristo si riconcilia con il suo gregge nel cammino della storia, nella perfetta e nell’imperfetta letizia.”

Dipinto di Santa Chiara di Simone Martini

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